Skip to main content

Progetto "ANZIANO FRAGILE" : a Carpi un workshop

A Carpi, in provincia di Modena, un workshop dal titolo “Strumenti e interventi per il sostegno e il monitoraggio delle persone anziane fragili”. ANCeSCAO ha partecipato con Gianni Dall’Armi e Silvio Bonfiglio quali responsabili del Progetto “Anziano fragile: verso un welfare comunitario”

 

 

Si è tenuto giovedì 10 maggio a Carpi, in provincia di Modena, un workshop dal titolo “Strumenti e interventi per il sostegno e il monitoraggio delle persone anziane fragili” e l’ ANCeSCAO ha partecipato con Gianni Dall’Armi e Silvio Bonfiglio responsabili del Progetto “Anziano fragile: verso un welfare comunitario”- in partenariato con CONFCONSUMATORI (Capofila) – e cofinanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

L’iniziativa del Caregiver Day di Carpi, ormai arrivata alla sua ottava edizione, si è arricchita ancor di più di contenuti trasformandosi in un ricco programma di eventi che quest’anno occuperanno tutto il mese di maggio.

L’obiettivo dichiarato del programma è quello di “costruire un’alleanza di cura per prevenire e sostenere la fragilità, la cronicità. La disabilità”

In questa nota più che una sintesi di quanto discusso durante il Workshop vogliamo riportare alcune osservazioni, testimonianze e stimoli che i vari relatori hanno offerto ai partecipanti.

Chi è l’anziano fragile

Non c’è un consenso unanime sulla definizione di “anziano fragile”. A noi sembra appropriata quella di “una persona che tipicamente non è in grado di trovare in maniera autonoma la soluzione a un problema e a un’emergenza”

La fragilità è il risultato e a sua volta determina un mix di situazioni che includono non solo il precario stato di salute, ma anche lo sfaldarsi delle relazioni sociali, l’impoverimento, un sostanziale cambiamento nella dinamica emozionale.

E’ l’inizio di un percorso tipico che va dalla fragilità alla solitudine e poi alla non autosufficienza talora aggravata dalla disabilità.

La fragilità sta già diventando un’emergenza

Il trend demografico verso un costante invecchiamento della popolazione, il cambiamento della struttura della famiglia che porta i figli ad andare via per motivi di lavoro e lascia i genitori anziani sempre più soli, il numero crescente delle donne che lavorano fuori casa rendono sempre più attuale e diffuso il problema degli “anziani fragili” e della loro assistenza. La crisi economica a sua volta ha minato la sostenibilità del sistema e rende sempre più problematico l’intervento delle istituzioni, che spesso è deficitario o arriva in ritardo.

I fenomeni dell’invecchiamento della popolazione e del crescente numero degli anziani fragili hanno una dimensione e un impatto di certo più grandi di altri fenomeni come ad esempio quello dei flussi migratori, eppure la risonanza nei media è minore. Prima si riesce a leggere questo fenomeno più efficaci saranno le soluzioni.

La necessità di nuove soluzioni

Occorre trovare nuove soluzioni e favorire un diverso welfare che veda nuovi attori affiancarsi a quelli “classici”. Occorre una gestione trasversale delle fragilità e la realizzazione di un “patto di comunità” (“welfare comunitario”) dove a seconda delle circostanze ciascuno di noi piò essere allo stesso tempo beneficiario o caregiver (“welfare di tutti” ). Occorre elaborare una “strategia di rete”, come è stato sottolineato da tutti i relatori del workshop, e la comunità tutta deve investire su sé stessa e trovare nuovi strumenti e nuove soluzioni.

Alcune idee

- Occorre creare nuove figure di caregivers: il centro sociale, il macellaio, il farmacista, il giornalaio possono diventare tutti caregivers e “sentinelle” del territorio pronte a scoprire nel quartiere le fragilità nascoste ( i “fragili invisibili”) e segnalarle prima che esse diventino “casi ”;

- Specie nelle grandi città dove gli anziani sono più soli occorre avere dei “referenti” da poter contattare quando si presenta il bisogno.

- Occorre creare nuovi spazi socio-assistenziali e sperimentare nuove iniziative come la “badante di condominio” (una forma di sharing dei servizi socio-assistenziali), il “telefono amico”, “il condominio solidale” con spazi comuni dove passare insieme i pomeriggi e organizzare varie iniziative (cantare insieme, leggere libri, socializzare).;

- Bisogna riorganizzare la città e creare una “prossimità sociale”, ridurre l’isolamento degli anziani fragili, “evitare la desertificazione sociale”, come ha detto Federico Boccaletti, Presidente di “Anziani e non solo”, che ha raccontato l’esperienza della rete francese Monalisa (MObilitazione NAzionale contro L’Isolamento degli Anziani).

Non è però semplice

La domanda è diversificata e c’è difficoltà a dare una risposta unica che sia soddisfacente per tutti i bisogni; la risposta non può essere “monodimensionale” e non può arrivare solo dalle istituzioni né attraverso servizi che – se erogati da un solo attore – risulterebbero parziali e insoddisfacenti.

Anche l’urbanistica e l’edilizia debbono adeguarsi; le città e le abitazioni debbono essere ridisegnate per far fronte alle fragilità e alle non autosufficienze.

Occorre poi che tutti gli interventi risultino armonizzati; si rende necessario abbinare spontaneità, volontariato e professionalità, definire chiaramente “chi fa che cosa”.

Di queste difficoltà ha dato testimonianza una rappresentante della Direzione delle politiche sociali della Città Metropolitana di Milano che ha fatto notare come cambiare provochi resistenze e come le più forti siano proprio quelle interne (sia dei servizi che del terzo settore che fanno fatica a cambiare). Spesso è invece il settore privato che si fa promotore d’ iniziative innovative (un esempio: i grandi supermercati che portano la spesa a casa degli anziani).

Di fronte a una domanda crescente, la mancanza di risorse sia umane che finanziarie riduce spesso la qualità dei servizi con il risultato che - se da una parte l’accesso ad essi è assicurato a tutti (si soddisfa cioè la domanda) - dall’altro lato però non si dà una riposta esauriente ai bisogni; tipici esempi sono alcuni servizi erogati in locali fatiscenti, con personale inadeguato e con lungaggini burocratiche, ecc.

La piattaforma informatica senza però tralasciare la “piattaforma fisica”

Le nuove tecnologie possono essere di aiuto; ad esempio possono guidare gli anziani a trovare il servizio di cui ha bisogno, fungere da “mediatori” fra loro e gli assistenti familiari, fra i fornitori di servizi e i beneficiari. In varie città (ad esempio a Milano) sono state create delle piattaforme digitali aventi questo scopo. Occorre però facilitarne l’accesso; le nuove tecnologie debbono trasferire “fiducia” ed essere percepite dagli anziani come “familiari” (può essere utile ad esempio riportare sul portale le foro degli operatori, delle badanti).

Accanto a quelle digitali bisogna però realizzare delle piattaforme fisiche ossia creare “spazi fisici di welfare”, punti di orientamento e ascolto dislocati in varie zone della città, facilmente individuabili attraverso appropriati segni grafici.

Il ruolo del volontariato

Un’interessante testimonianza del valore del volontariato è stata fornita da Andrea Annone rappresentante di ANTEAS (Associazione Nazionale Tutte le Età Attive per la Solidarietà). L’associazione basa la sua attività sulla gratuità e la fraternità e s’ispira ai “valori delle 5 A”: l’”andare verso…”, l’ascolto e il dialogo, l’accompagnarci ed esserci a fianco”, l’ “aiutare ad aiutarsi” (favorire cioè l’autonomia).

“Bisogna recuperare il “cortile” – ha detto Andrea Annone -,mettersi in relazione, riconquistare il piacere di ascoltare ed essere ascoltati; le Associazioni debbono evitare di essere autoreferenti e mettere le bandierine”.

Bisogna uscire dalla logica delle grandi cose e dare invece valore alle piccole cose perché spesso è più importante l’innovatività di come si fanno le cose piuttosto che il fare cose “nuove, eccezionali e innovative”.

Le persone anziane hanno anche bisogno di sentirsi utili; bisogna incoraggiare il volontariato in modo che a loro volta essi possano dare supporto, diventare caregivers di coetanei che hanno un maggior bisogno. Bastano piccole cose e innanzitutto ascoltare. “Quando una persona racconta e una ascolta si fa un tratto di viaggio assieme ….“ (da “L’importanza del sorriso” di E. Olmi).

E’ importante poi condividere le cose belle, “raccontare la bellezza del volontariato” e instaurare uno spirito di collaborazione e di aggregazione fra le associazioni piuttosto che un’inutile forma di competizione.

Monitorare a livello locale gli anziani fragili anche per essere pronti all’emergenze – Il progetto realizzato nelle Terre d’Argine

Nell’ Unione delle Terre d’Argine (comuni di Campogalliano, Carpi, Novi di Modena e Soliera) l’esigenza di avere una mappatura delle persone fragili è nata a seguito del terremoto del 2013 quando si presentò l’urgenza di andare a scovare e soccorrere tutte le persone anziane che vivevano sole e che a causa di disabilità o di una ridotta autonomia non erano state in grado di fuggire dalle loro case in cerca di riparo.

“Bisogna conoscere i casi prima – ha detto Alberto Bellelli, Sindaco di Carpi -perchè solo in questo modo si può essere in grado d’intervenire con tempestività in caso di emergenza”.

Il monitoraggio ha messo in evidenza come la fragilità cresca: a Settembre 2017 sono stati rilevati 7451 ultrasettantacinquenni residenti a Carpi, oltre il 10% del totale della popolazione; oltre 5 mila di loro (uniti a 400 disabili adulti e minori) possono essere considerati ‘fragili’, ovvero persone che per età, difficoltà economiche, assenza di reti parentali, condizioni di salute, risultano particolarmente vulnerabili e non autonome. Nei quattro comuni dell’Unione delle Terre d’Argine i fragili sono 7.324 di cui 3.964 vivono soli. Nel monitoraggio si sono utilizzate quattro banche dati: le persone con oltre 75 anni che vivono sole o con un(a) compagno(a) ultrasettantacinquenne; chi è già in carico ai servizi sociali; lo sportello di assistenza familiare; gli utenti del trasporto sociale ossia le persone con problemi di mobilità. Gli indirizzi delle abitazioni di queste persone sono stati mappati (geo-localizzazione della fragilità).

Anche se in misura molto ridotta (in tutto 20 casi) sono state poi condotte delle interviste intese ad analizzare i bisogni attuali e le preoccupazioni per il futuro, il contesto in cui gli anziani fragili vivono, le barriere architettoniche, la rete parentale e la rete sociale, le relazioni di vicinato e i rapporti con i negozianti, la frequenza delle visite al Centro Anziani, lo stato di salute e il numero di ospedalizzazioni negli ultimi 12 mesi, il numero di farmaci assunti (più o meno di 4 al giorno), il livello di autonomia nelle attività quotidiane (ADL), i mezzi di trasporto utilizzati (bicicletta, mezzi pubblici, trasporto sociale, auto propria), la maniera in cui vengono vissute e gestite le situazioni di emergenza.

Ne è venuta fuori una fotografia dettagliata ed un interessante racconto della condizione dell’anziano fragile applicabile anche al di fuori del contesto di Carpi dove le interviste sono state realizzate.

Ref. di progetto : Gianni Dall’Armi e Silvio Bonfiglio

Emilia-Romagna, 2018